La problematica dello stress è stata ed è attualmente di grande rilievo nell’ambito della psicologia della salute e sta interessando anche il settore neuroscientifico che si è posto l’obiettivo di integrare più dati (biologia, genetica, etc.) per guardare al fenomeno in modo completo. Mentre le teorie originarie relative allo stress ritenevano che la differenza nella reazione dipendesse principalmente dalla varietà degli stimoli stressanti, oggi viene dato sempre più risalto alle variabili “intervenienti” fra lo stimolo stressante e la reazione. Ogni individuo, cioè, reagirebbe in modi diverso in base a:
- differenze individuali, biologiche, di personalità
- contesto
- risorse sociali
- percezione personale dell’evento stressante
Il grado in cui l’evento è percepito come stressante è soggettivo, dipende cioè dalle valutazioni cognitive di ognuno. La nostra abilità di far fronte allo stress dipende invece dal grado di recupero e regolazione che corpo e mente riescono a mettere in atto in seguito all’evento stressante. Uno scarso recupero può innescare un disturbo post traumatico da stress, una depressione o disfunzioni somatiche croniche (come dolore cronico e fatica).
Nel nuovo studio condotto dall’Università di Tel Aviv si è cercato di analizzare la risposta di stress a livello cellulare, nel funzionamento cerebrale, emotivo e comportamentale per provare a mettere a punto degli interventi più efficaci. La ricerca pubblicata su PLOS ONE ha integrato dati genetici e immagini ottenute grazie a strumenti di analisi del funzionamento cerebrale nel tentativo di comprendere se il modo in cui si attiva il cervello possa essere determinante nella regolazione delle nostre risposte allo stress; questo dato, combinato con altri elementi regolatori di tipo molecolare, potrebbe darci gli strumenti per stilare profilo individuale di resilienza nei confronti dello stress.
I risultati dello studio – condotto su un campione di 49 uomini sani – sono promettenti: si pensa che in futuro si potrà sviluppare un test del sangue che possa facilitare la prevenzione e l’intervento precoce a favore, ad esempio, di quelle professioni altamente esposte allo stress e al trauma (soldati, poliziotti).