Il suicidio negli uomini è una realtà sconvolgente che rappresenta circa il 75% dei casi a livello globale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo dato evidenzia una problematica profonda legata alla difficoltà di gestire le emozioni e di chiedere aiuto, dovuta spesso alle pressioni sociali e culturali legate alla mascolinità.
In occasione della Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, il 10 settembre, voglio portare a galla questa discussione e provare ad analizzare i motivi per cui gli uomini tendono a non chiedere sostegno o aiuto.
Indice
Sociologia e aspetti culturali del fenomeno suicidario negli uomini
Il fenomeno del suicidio negli uomini non può essere compreso senza considerare il contesto sociologico e culturale in cui essi si trovano immersi. Da tempo, le scienze sociali si interrogano sul rapporto tra le aspettative sociali e il comportamento umano, con particolare attenzione alle norme di genere. Il suicidio maschile è un esempio lampante di come le costruzioni sociali della mascolinità possano influenzare profondamente la salute mentale degli uomini.
Le ricerche sociologiche sul comportamento suicidario negli uomini evidenziano ad esempio che le norme sociali giocano un ruolo cruciale nel modellare la risposta al disagio psicologico.
Durkheim, nel suo classico studio sul suicidio, sottolineava già nel XIX secolo che il suicidio è un atto profondamente influenzato dalle forze sociali. In particolare, egli introduce il concetto di “anomia”, una condizione in cui gli individui sperimentano una sensazione di disorientamento e alienazione a causa dell’assenza di norme e riferimenti culturali stabili. Questa mancanza di regolamentazione sociale e supporto genera una frattura tra gli individui e la società. Gli uomini, più delle donne, possono essere vittime di questa anomia, poiché il loro ruolo sociale è spesso legato a rigide aspettative di successo e forza. Quando tali riferimenti crollano o diventano inaccessibili, molti uomini si trovano senza punti di appoggio, sentendosi isolati e incapaci di chiedere aiuto.
La pressione a conformarsi a rigidi ruoli sociali e di genere gioca infatti un ruolo centrale. Questo può spingere gli uomini verso un isolamento emotivo che, in situazioni di stress o sofferenza, diventa un rischio per la loro vita.
Nella società contemporanea, la pressione si riflette nella cosiddetta “crisi della mascolinità”: gli uomini, incitati a dimostrare forza e resistenza, sono costretti a nascondere ogni segnale di debolezza o vulnerabilità, poiché stigmatizzato.
Nonostante i cambiamenti sociali e l’attenzione crescente alla parità di genere, la mascolinità tradizionale (ovvero tossica) continua infatti a dominare gran parte delle aspettative sociali.
Agli uomini spetta il compito di essere:
- protettori: gli uomini sono spesso percepiti come coloro che devono proteggere la famiglia e i cari da ogni tipo di minaccia, fisica o emotiva. Questo ruolo di difensore li spinge a reprimere qualsiasi segno di vulnerabilità per mantenere una costante facciata di forza
- capifamiglia: la società impone agli uomini la responsabilità economica primaria del sostentamento familiare. Questa pressione a fornire stabilità finanziaria può generare ansia e stress, soprattutto in tempi di difficoltà economica, portandoli a sentirsi falliti se non riescono a mantenere questo ruolo
- risolutori di problemi: gli uomini sono spesso visti come i risolutori delle difficoltà pratiche e quotidiane. Viene loro chiesto di trovare soluzioni rapide ed efficaci, senza cercare aiuto esterno, aumentando il carico mentale e il senso di isolamento in caso di problemi complessi o emotivi
- figure invulnerabili: la cultura patriarcale spinge gli uomini a mostrarsi forti e capaci di affrontare qualsiasi sfida senza esitazione. Segni di fragilità, come il dubbio o la paura, sono spesso visti come inaccettabili; questo crea un ambiente in cui gli uomini si sentono obbligati a nascondere le loro difficoltà emotive
- pressione sul controllo emotivo: gli uomini sono educati a mantenere sempre il controllo delle proprie emozioni, sia in pubblico che in privato. Questa aspettativa non solo limita l’espressione libera e autentica, ma crea anche una costante tensione interna, stress e frustrazione
Il patriarcato e la costruzione della mascolinità. Cosa significa “essere un uomo”
Il patriarcato è il sistema sociale che ha storicamente favorito gli uomini nelle posizioni di potere, eppure è un meccanismo che, in fin dei conti, impone limiti rigidi anche a loro.
Il patriarcato non solo ha imposto agli uomini il controllo sulla sfera pubblica e privata, ma ha anche contribuito a definire cosa significhi “essere un uomo”. Nel contesto patriarcale, la mascolinità è sinonimo di dominio, forza, e invulnerabilità. Questo sistema non permette agli uomini di mostrare vulnerabilità, perché ciò li metterebbe in una posizione di inferiorità rispetto alle aspettative di potere e controllo a cui sono chiamati.
Uno degli aspetti centrali del patriarcato è la costruzione della mascolinità come forza “indiscutibile” e “inattaccabile”. Essere uomo significa essere capace di affrontare il dolore senza esprimere emozioni, senza mostrare debolezze. Questa aspettativa viene trasmessa già nell’infanzia, con una chiara distinzione nei modelli di educazione tra maschi e femmine. Ai bambini maschi si insegna che piangere è inappropriato, che la paura deve essere affrontata in silenzio e che la soluzione ai problemi deve essere cercata da soli, senza dipendere dagli altri. Questa educazione emotiva parziale impedisce agli uomini di sviluppare le competenze necessarie per esprimere e gestire le proprie emozioni in modo sano.
Il patriarcato agisce quindi come un costrutto culturale che genera una “mascolinità tossica”, ovvero una forma di virilità che spinge gli uomini a reprimere le loro emozioni, a evitare il contatto con la propria vulnerabilità e a risolvere i propri problemi in modo isolato. Questa “tossicità” non solo danneggia la salute mentale degli uomini, ma contribuisce a creare una cultura del silenzio intorno ai loro problemi emotivi. Gli uomini sono costretti a mantenere una facciata di invincibilità, anche quando la loro psiche è in difficoltà.
La socializzazione della mascolinità e il peso del silenzio
La socializzazione della mascolinità è il processo attraverso cui gli uomini interiorizzano le norme e le aspettative legate al loro ruolo di genere fin da bambini. Questo avviene tramite una serie di rituali, simboli e modelli che insegnano “ad essere uomini”: forti, autosufficienti con distanza emotiva.
Queste aspettative si riflettono nei media, nelle istituzioni educative e persino nelle relazioni interpersonali. L’uomo “forte” è celebrato, mentre chi mostra segni di debolezza viene ridicolizzato. Questi processi di socializzazione portano alla creazione di un’identità maschile in bilico tra la paura di non essere all’altezza delle aspettative e il desiderio di conformarsi ai modelli tradizionali.
Il silenzio emotivo che caratterizza molti uomini non è semplicemente una scelta individuale, ma il risultato di una lunga storia di condizionamento sociale. La capacità di chiedere aiuto o di esprimere il proprio disagio è considerata una qualità tipicamente femminile, ma questa ideologia è particolarmente pericolosa in situazioni di crisi, poiché impedisce agli uomini di cercare il supporto necessario prima che sia troppo tardi.
Le conseguenze psicologiche del patriarcato sugli uomini
Come abbiamo visto, il patriarcato, con le sue rigide definizioni di genere, crea le condizioni per un isolamento emotivo che può portare a gravi problemi psicologici.
Gli uomini che non riescono a conformarsi agli ideali patriarcali o che sentono il peso di queste aspettative spesso sviluppano un senso di fallimento o inadeguatezza.
Quando questa percezione di inadeguatezza si somma alla difficoltà di chiedere aiuto, il risultato può essere devastante.
Gli uomini sono più inclini a nascondere i sintomi della depressione, a negare le proprie sofferenze emotive e a ricorrere a comportamenti autodistruttivi.
Il patriarcato, come a questo punto si può immaginare, non opprime solo le donne ma danneggia anche gli uomini. Impedisce loro di accedere a una gamma completa di esperienze emotive, limitando la loro capacità di affrontare il dolore in modo sano.
Il suicidio, in molti casi, rappresenta l’ultimo atto di un uomo che si sente prigioniero di aspettative irrealistiche e incapace di trovare una via d’uscita. La necessità di decostruire queste norme e promuovere una mascolinità più aperta ed emotivamente consapevole è quindi quello che serve per affrontare il fenomeno del suicidio maschile.
Pensieri errati e convinzioni culturali
Quando si parla delle ragioni per cui gli uomini non chiedono aiuto, è necessario considerare i meccanismi psicologici che stanno dietro il loro comportamento.
Molti uomini sviluppano pensieri automatici negativi che li portano a credere di non meritare aiuto o che nessuno possa veramente capirli. Questi pensieri, rinforzati da convinzioni culturali, possono includere frasi del tipo:
– “Non posso permettermi di sembrare debole.”
– “Devo risolvere i miei problemi da solo.”
– “Chiedere aiuto significherebbe fallire come uomo.”
Questi automatismi si radicano profondamente nella psiche maschile, soprattutto quando vengono rafforzati da modelli familiari o sociali che, come abbiamo detto, promuovono l’autosufficienza e la negazione delle emozioni.
Stereotipi di genere e l’invisibilità del dolore maschile
Un altro aspetto da considerare è l’invisibilità del dolore maschile. Mentre la sofferenza delle donne è spesso discussa apertamente nei contesti psicologici e sociali, quella degli uomini rimane in gran parte nascosta. Questo non significa che gli uomini non soffrano o non abbiano bisogno di aiuto, ma piuttosto che le loro difficoltà tendono a essere ignorate o minimizzate. Spesso, gli uomini che cercano di esprimere le loro emozioni vengono ridicolizzati o giudicati. Questo crea una barriera comunicativa che rende difficile per loro riconoscere di avere il diritto di cercare supporto, sia all’interno delle loro reti sociali che in ambito terapeutico.
Prevenzione del suicidio maschile: una sfida collettiva
Affrontare il fenomeno del suicidio maschile richiede un cambiamento culturale profondo. La prevenzione non può limitarsi a campagne di sensibilizzazione generiche, ma deve affrontare specificamente le barriere culturali e psicologiche che impediscono agli uomini di chiedere aiuto. In questo senso, è fondamentale promuovere modelli alternativi di mascolinità che incoraggino l’espressione emotiva e la vulnerabilità come segni di coraggio e di forza, piuttosto che di debolezza.
Le iniziative di prevenzione dovrebbero quindi includere programmi educativi rivolti ai giovani, che insegnino loro a riconoscere e gestire le proprie emozioni in modo sano.
Anche i media hanno un ruolo nel cambiare la narrativa sulla mascolinità, ad esempio presentando modelli positivi di uomini che chiedono aiuto e che sono emotivamente intelligenti.
Inoltre, è indispensabile rendere i servizi di salute mentale più accessibili e meno stigmatizzati per gli uomini attraverso campagne mirate e la formazione di professionisti sensibili alle specificità del vissuto maschile.
Come chiedere aiuto
Se ti trovi in difficoltà o conosci qualcuno che potrebbe essere a rischio di suicidio, esistono servizi di supporto psicologico che sono una risorsa preziosa per chiunque senta il peso del proprio dolore.
Organizzazioni come Telefono Amico Italia offrono assistenza tramite telefono, email o chat, e sono pronte ad ascoltare senza giudizio e ad aiutare in momenti di crisi.
In situazioni di emergenza, il Servizio di Emergenza Sanitaria Nazionale (118) è sempre disponibile per interventi immediati.
Non c’è alcuna vergogna nel cercare aiuto. Parlare con amici, familiari o un professionista della salute mentale può fare la differenza e prevenire tragedie.
Ricorda che il coraggio non si misura nella capacità di affrontare tutto da soli, ma nella capacità di riconoscere quando è il momento di chiedere aiuto.
Conclusione
Per concludere, il suicidio tra gli uomini rappresenta una crisi silenziosa, spesso trascurata a causa delle norme patriarcali che dominano la nostra cultura.
La mascolinità tossica e le aspettative sociali legate al ruolo maschile contribuiscono a creare un ambiente in cui gli uomini si sentono intrappolati, incapaci di esprimere il proprio dolore o di chiedere aiuto. Per ridurre il tasso di suicidi tra gli uomini, è fondamentale un cambiamento culturale che abbracci una visione più inclusiva e umana della mascolinità, in cui la vulnerabilità non sia considerata un segno di debolezza, ma una parte essenziale della forza emotiva.
Il contrasto del fenomeno suicidario maschile richiede sforzi concertati da parte della società, dei media, delle istituzioni educative e del sistema sanitario. Solo attraverso un approccio multidisciplinare possiamo sperare di rompere il ciclo di silenzio che porta tanti uomini a sentirsi soli, impotenti e senza speranza.
Fonti e approfondimenti
Il podcast Tutti gli uomini di Irene Facheris offre una prospettiva preziosa sulla condizione maschile contemporanea, affrontando tematiche spesso taciute o sottovalutate. In particolare, l’episodio dedicato alla gestione delle emozioni esplora il motivo per cui molti uomini faticano a esprimere e comprendere i propri sentimenti. L’ascolto di questo episodio è interessante perché mette in luce le radici culturali e sociali che spingono gli uomini a non chiedere aiuto, offrendo spunti di riflessione su come rompere il circolo vizioso dell’isolamento emotivo. Il podcast si trova sulle principali piattaforme. Il podcast Tutti gli uomini è disponibile sulle principali piattaforme di streaming, tra cui Spotify e Apple Podcasts.
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Citation: Hunt T, Wilson CJ, Caputi P, Woodward A, Wilson I (2017) Signs of current suicidality in men: A systematic review. PLoS ONE 12(3): e0174675. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0174675