La stimolazione cerebrale attraverso l’invio di impulsi elettrici, già impiegata per trattare l’epilessia e la depressione, potrebbe rivelarsi utile nel trattamento personalizzato di altri disturbi neurologici e psichiatrici. Ma come fa un medico a decidere quali parti del cervello stimolare?
Uno studio appena pubblicato su PLoS Computational Biology ha provato a rispondere a questa domanda. Questa ricerca descrive come la stimolazione di una singola regione del cervello comporti l’attivazione di altre regioni e attività ad esse legate.
Se si guarda all’architettura del cervello, si trova una rete di regioni interconnesse tra loro che interagiscono in modi molto complicati. In questo studio abbiamo scoperto che stimolare alcune regioni fa sì che il cervello raggiunga certi stati più facilmente di quanto non faccia se vengono stimolate altre aree.
Lo studio in realtà si basa su una simulazione al computer di quel che accadrebbe nel tessuto nervoso di otto soggetti — le cui strutture cerebrali sono state precedentemente mappate tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI) — in seguito alla stimolazione di 83 diverse regioni. È interessante notare come, nonostante la soggettività delle attivazioni, siano emerse tendenze comuni nei risultati.
Per rispondere, dunque, alla domanda che ci siamo posti inizialmente, nel trattamento personalizzato di malattie neurologiche e psichiatriche i medici potrebbero scegliere tra due modalità di intervento: un reset globale dell’attività cerebrale che modifichi le dinamiche neuronali contro un approccio più mirato che si concentri solo su alcune regioni. Ciascuna strada, seppur in modo diverso, potrebbe costituire un trattamento efficace per determinate patologie, piuttosto che altre.