M.R. continua a camminare senza sosta, giorno e notte per lui non fanno differenza. Ma cosa stai facendo? Perché non ti fermi un attimo? Smetti di camminare, vieni a letto, è notte! …dai vieni qui accanto a me. Quante volte i familiari di anziani affetti da demenza si sono trovati davanti a questa situazione, ossia chiedere al loro coniuge, genitore o nonno di “fermarsi” oppure di vivere con la costante preoccupazione che il loro caro possa uscire di casa la notte “così come l’ultima volta”. Questa, purtroppo, è una realtà quotidiana che interessa la maggior parte delle persone che vive e si prende cura di familiari affetti da demenza.
Oltre ad un decadimento delle funzioni mentali, infatti, le persone con demenza manifestano con frequenza anche alterazioni del comportamento; tra queste ritroviamo, ad esempio, il vagabondaggio e l’affaccendamento.
Il vagabondaggio, il girovagare, è tipico delle persone affette da demenza di Alzheimer; consiste nel camminare ininterrottamente, anche in casa, senza una meta e senza un’apparente ragione. Conosciuto dai più esperti come wandering, tale disturbo del comportamento è spesso presente nelle ore notturne. I malati, infatti, possono confondere la notte con il giorno e questo può essere associato ai comportamenti che portano alla fuga.
Cary Smith Henderson ne 2002 scriveva così:
L’affaccendamento si riferisce a quel comportamento afinalistico per cui la persona affetta da demenza continua ripetutamente a manipolare oggetti, parti del proprio corpo, lembi dei propri vestiti, strofinare lenzuola, nascondere oggetti addosso a sé. Può essere considerato affaccendamento anche la ripetizione continua e monotona di numeri, parole, filastrocche ecc.
Ma perché le persone con demenza si comportano così?
La demenza colpisce il cervello, la fonte dei pensieri, delle emozioni, del comportamenti e di tutta la personalità. È chiaro, quindi, che nel momento in cui esso viene intaccato si verifica un danno graduale e crescente, i cui effetti non sono immediatamente visibili (a differenza di quanto accade in seguito ad ictus o ad un trauma cranico). Nelle demenze la comunicazione tra neuroni è alterata poiché le sostanze chimiche responsabili degli scambi comunicativi sono carenti. I disturbi del comportamento hanno quindi un’origine biologica, ma non solo, poiché gioca un ruolo importante anche l’ansia.
La demenza a poco a poco priva il malato di quasi tutti i suoi punti di riferimento (non sa più chi è, dove e come trovare le parole giuste, dove deve andare e che cosa aveva intenzione di fare pochi istanti prima) producendo ansia. Tutti nella vita abbiamo vissuto almeno una volta lo stato emotivo dell’ansia (ad esempio davanti a qualcosa di incerto o che non dipende da noi) e sappiamo come una valvola di sfogo, forse quella preferenziale, è l’attività motoria (camminare avanti e indietro, tamburellare le dita sul tavolo, prendere una sigaretta). In quest’ottica possiamo assumere che il vagabondaggio e l’affaccendamento messi in atto dalla persona con demenza corrispondono a comportamenti di persone cognitivamente sane, con la differenza appunto che le azioni eseguite dal malato divengono ancora più sconclusionate fino a diventare a volte incomprensibili.