La mostra di Escher fa il giro dello Stivale. È un tuffo nell’arte (e nella Gestalt). Io la visitai a Bologna nel 2015.
A parte che prima di entrare ci si può fare un “selfie” diventando protagonisti (grazie a una webcam) di una delle sue opere più famose (Mano con sfera riflettente), l’audioguida è inclusa nel prezzo ed accompagna nel vorticoso e affascinante viaggio alla scoperta di forme geometriche, prospettiva, intrecci impossibili e piccoli laboratori interattivi.
La xilografia sul chiostro e la torre del Duomo di Monreale introduce alla scoperta dei paesaggi italiani visti con gli occhi del genio delle esplorazioni dell’infinito che, negli anni della maturità, diventa un artista coraggioso e provocatore.
Siete davvero sicuri che un pavimento non possa essere anche un soffitto?
Escher amava l’Italia e vi trascorse infatti diversi anni. Nel nostro Paese conobbe anche l’amore della sua vita, che sposò a Reggio Emilia.
Fatti un po’ di sacrosanti pettegolezzi, voglio ricordare perché Escher, con le sue opere, sia importante per il mondo della scienza tutta, e in particolare per quello della psicologia della percezione, tema tanto caro alla corrente della Gestalt.
Il nostro artista ha sfruttato abilmente i principi percettivi della Gestalt e in generale i risultati degli esperimenti sulla visione condotti durante il XIX secolo.
Indice
Leggi della percezione riprese da Escher
Figura/sfondo
La più importante. Guardando un’immagine percepiamo l’oggetto che sta in primo piano come figura principale e quello che sta dietro come sfondo. Quando le forme sono ambigue, però, sia gli spazi negativi che quelli positivi assumono forme compiute, e la nostra mente può trovare difficile decidere quale sia quella in primo piano, dando vita così ad un fenomeno di illusione ottica.
Pieno/vuoto
L’occhio non riesce ad osservare l’intera composizione in maniera simultanea, quindi si focalizza su un elemento alla volta (o il positivo o il negativo).
Pieno e vuoto, però, sono inscindibili l’uno dall’altro: entrambi fanno parte della stessa figura.
Legge della chiusura
Entra in gioco osservando il famoso Triangolo di Kanizsa.
Triangolo di KanizsaIl nostro cervello è predisposto a fornire le informazioni mancanti per chiudere una figura. Pertanto quello che vediamo è l’unica cosa che non c’è: il triangolo bianco costituito dalle forme nere.
PS: l’audioguida, pettegola anche lei, confida che a scuola Escher non fosse poi questa grande cima. Lo snocciola lì, con nonchalance. Dall’altra parte, la capacità di andare oltre la realtà, per costruire mondi paralleli, inesorabilmente intrecciati da linee e tratti.
PPS: all’interno, un piccolo shop vende segnalibri, puzzle e stampe delle opere che possono diventare originali souvenir. Io non ho resistito: ho comprato la riproduzione di Metamorfosi II, un “quadro” stretto ma lungo… tre metri e venti!
Qui potete trovare tutte le informazioni necessarie.