La meditazione rallenta l’invecchiamento cerebrale aumentando lo spessore corticale nella aree deputate alle capacità attentive, al controllo esecutivo, ai processi di memoria, alla regolazione emotiva e alla gestione dello stress
L’aspettativa di vita nel mondo è cresciuta notevolmente negli ultimi decenni, ma il nostro cervello inizia a diminuire di volume e peso a partire dai 20 anni in poi (Walhovd et al., 2011; Oh et al., 2014). Questo deterioramento è accompagnato da un rischio crescente di malattia mentale e neurodegenerativa (Fotenos et al., 2005; Kooistra et al., 2014). Molti studi si sono focalizzati sull’identificazione dei fattori di rischio, ma minore attenzione è stata data agli approcci mirati al miglioramento della salute cerebrale.
La ricerca esistente, sebbene scarsa, suggerisce che la meditazione sia un candidato attraente nella prospettiva di un rimedio efficace, accessibile ed economico. Gli studi dimostrano che la pratica della meditazione modifica la struttura cerebrale aumentando lo spessore corticale nella aree deputate alle capacità attentive, al controllo esecutivo, ai processi di memoria, alla regolazione emotiva e alla gestione dello stress (per approfondire, leggi I benefici della meditazione sul cervello).
I ricercatori però, si sono chiesti se tale cambiamento fosse in relazione anche con l’esperienza e se quindi fosse maggiore nei meditatori più anziani.
Nel primo studio effettuato, (Lazar et al., 2005) i ricercatori hanno confrontato, tramite la risonanza magnetica, i cervelli di venti persone con un’esperienza di molti anni nella Meditazione Vipassana, con quelli di venti persone senza alcuna esperienza in tale pratica. La Vipassana è una tecnica meditativa che prevede un insieme di momenti di contemplazione che si focalizzano sul corpo, sulle sensazioni e sulla mente.
Dallo studio è emerso che le regioni cerebrali associate all’attenzione, all’enterocezione e all’elaborazione sensoriale, erano più spesse in chi faceva meditazione, ma la novità era che tale spessore risultava maggiore nei soggetti più anziani che praticavano la meditazione da più tempo, suggerendo così che la meditazione potrebbe compensare l’assottigliamento corticale legato all’età, in particolare nelle regioni frontali.
A questo studio ne sono seguiti altri che hanno confermato tali risultati, ma dove il campione di soggetti coinvolto non era abbastanza ampio (Pagnoni and Cekic, 2007; Luders et al., 2011). Così nel 2015 un gruppo di ricerca (Luders et al., 2015) ha voluto esaminare il legame tra l’età e l’atrofia cerebrale su un campione molto vasto (100 persone tra i 24 e 77 anni), costituito da meditatori esperti e controlli.
Abbiamo detto che all’aumentare dell’età il cervello va incontro ad un’atrofia, indicando quindi un declino lungo il tempo ed infatti i risultati dello studio mostrano che lo spessore cerebrale, sia nei meditatori che nei controlli, diminuiva con l’avanzare dell’età, ma il risultato più importante è che tale declino era minore in chi praticava la meditazione. Questi risultati indicano quindi una minore atrofia della materia grigia legata all’età in chi pratica la meditazione per molto tempo.
Presi insieme, i risultati degli studi presenti in letteratura, sembrano aggiungere maggiore supporto all’ipotesi che la meditazione costituisca un fattore di protezione per il cervello e sia associata con la riduzione del declino legato all’età.
I ricercatori auspicano che in futuro ci siano ulteriori ricerche anche di tipo longitudinale (che quindi valutino tali effetti attraverso più misurazioni nel corso del tempo) e che si arrivi a determinare anche i criteri necessari, non solo in termini di ore di pratica o di anni in totale, ma anche rispetto alla lunghezza, frequenza e regolarità delle sessioni di pratica individuale, che è necessario rispettare affinchè si ottengano i benefici sperati.
Francesca Pisacreta, psicologa