Finisce il 2016 e anche quest’anno su Forbes appare la lista degli studi che hanno colpito di più nel settore delle neuroscienze. Non è un elenco esaustivo e non rispetta un ordine particolare ma dà un’idea di quelle che sono state le grandi scoperte e i grandi passi avanti nel settore. Il tutto secondo l’autore, David DiSalvo.
Indice
Gli antidolorifici possono peggiorare il dolore cronico
Uno studio riporta che con cinque giorni di trattamento a base di morfina, dei ratti hanno avuto un peggioramento del dolore che si è mantenuto per diversi mesi. Se questi risultati dovessero essere confermati anche sull’uomo, aiuterebbero a spiegare il circolo vizioso della prescrizione di oppioidi. Gli antidolorifici potrebbero ridurre il dolore a un livello superficiale, ma causare un prolungamento dei sintomi nel tempo.
Genetica, felicità e depressione
Uno dei più grandi studi condotti fino ad oggi – più di 190 ricercatori, 17 paesi, dati genomici di 300.000 persone – è andato alla ricerca del link tra genetica e umore e ha scoperto che il modo in cui ci sentiamo ha radici nel nostro genoma.
Marijuana e placche amiloidi dell’Alzheimer
I ricercatori del Salk Institute hanno scoperto che il principale composto psicoattivo della marijuana – tetraidrocannabinolo – rimuoverebbe le tipiche formazioni dell’Alzheimer in colture di neuroni di laboratorio. Nonostante si tratti di studi preliminari, questi risultati mostrano i potenziali effetti dei composti della marijuana e l’importanza del tenere aperte le porte della ricerca! Speriamo di scoprire di più nel 2017.
Gli effetti di Facebook su come il cervello gestisce i rapporti social(i)
Gran parte della ricerca che ha indagato gli effetti di Facebook si è concentrata sui risvolti emotivi e sul fatto che l’utilizzo del social potrebbe innescare cattivo umore o la depressione. Lo studio però forse più interessante ha cercato di scoprire il modo in cui Facebook sta cambiando il modo di gestire le relazioni. In teoria, uno strumento che ci permette di espandere la nostra rete sociale a migliaia di persone consentirebbe di andare al di là dei vincoli che hanno mantenuto i gruppi sociali umani relativamente piccoli per tutti i secoli passati ma… per il momento sembra che, nonostante i grandi numeri dei social media, i nostri cervelli siano ancora calibrati per gestire circa 150 relazioni (numero di Dunbar), un numero molto inferiore a quello che deteniamo sui nostri account.
Il cervello è più potente di quanto immaginiamo
Fino ad ora abbiamo attribuito al nostro cervello grandi capacità di memoria ed elaborazione, ma secondo gli studiosi non siamo neanche lontanamente vicini alla stima della sua capacità effettiva (la storia che usiamo il 10% del cervello è un mito che ho sfatato qui). In questo anno appena passato è stato infatti dimostrato che il cervello umano avrebbe almeno le stesse capacità del World Wide Web – circa dieci volte in più di quanto pensato in precedenza! La straordinaria potenza di calcolo sarebbe confezionata nelle sinapsi, i punti di giunzione tra i neuroni che cambiano forma e dimensione con una frequenza e una variazione mai realizzata prima. Il co-autore Terry Sejnowski in merito a questo studio: “Si tratta di una vera e propria bomba nel campo delle neuroscienze.”
L’arte che riduce ansia e stress
Diversi studi nel 2016 hanno esplorato il coinvolgimento dell’arte nel trattamento dello stress, dell’ansia e della depressione. Uno su tutti ha mostrato che 45 minuti di pennarelli, colla e carta basterebbero per ridurre i livelli di cortisolo (ormone dello stress) nel sangue. E per ottenere ciò non bisogna essere degli artisti! Questi risultati spiegherebbero il boom negli acquisti di libri da colorare per adulti che combinano l’arte con un sentore di meditazione.
Le apnee notturne cambiano il cervello
Grazie a uno studio del 2016 abbiamo una comprensione più precisa di quel che accade nella scatola cranica quando si soffre di apnee notturne: le notti agitate e l’interruzione momentanea della respirazione innescherebbero un rollercoaster chimico tale da provocare una diminuzione dei livelli di GABA e glutammato.
La dipendenza da zucchero e le abitudini dure a morire
La ricerca nel 2016 ha mostrato in qualche modo come ricablare il cervello. Uno studio in particolare ha mostrato che i segnali neurali di “stop” e “go” sarebbero invertiti dall’esposizione abituale allo zucchero. La dipendenza da zucchero cambierebbe il modo in cui il cervello controlla i segnali elettrici connessi al perseguire uno scopo – per ottenere un premio – o interrompere la ricerca. Ciò implicherebbe che la voglia di zucchero non è solo una questione di appetito, ma il risultato di cambiamenti cerebrali indotti dall’esposizione a una sostanza chimica abituale potentemente coinvolgente – un po’ come accade con le droghe.
Camminare è una medicina per il cervello
La ricerca ha confermato l’importanza di una semplice passeggiata per migliorare l’umore. Gli studiosi hanno coinvolto centinaia di persone per indagare gli effetti della passeggiata e hanno scoperto che con soli 12 minuti di attività vi era un aumento della giovialità, del vigore, dell’attenzione e della fiducia in se stessi – rispetto allo stesso tempo impiegato per fare altro. Alcuni degli strumenti per migliorare il benessere sono già a nostra disposizione e non richiedono un abbonamento.
I vecchi trucchi per ricordare sono ancora i migliori
Infine, per la serie “non solo tecnologia e digitale”: per ricordare le cose, come conferma questo studio, una delle strategie più efficaci consiste nell’associarle tra di loro. È una tecnica molto semplice che non richiede alcuno smartphone con la batteria carica. Guardatevi dunque dal pagare fior di quattrini per app di brain training che promettono di migliorare la memoria.
Tanti punti fermi e moltissimi punti interrogativi prodotti in questo 2016, semini per un 2017 ricco di neuro-scoperte!