Hai mai provato a risolvere un problema di matematica usando le mani, dando forma a un pezzo di argilla, senza aver prima pianificato le azioni nella tua testa?
L’idea tradizionale che il pensiero si svolga rigorosamente nel buio della nostra testa potrebbe essere sovvertita da una nuova ricerca di Gaëlle Vallée-Tourangeau, prof. che si occupa di comportamento organizzativo, e Frédéric Vallée-Tourangeau, prof. di psicologia: secondo gli autori – in realtà non solo secondo loro – il nostro processo decisionale è fortemente influenzato dal mondo che ci circonda e quindi l’uso di strumenti o oggetti può innescare, nella nostra mente, dei nuovi modi di trovare soluzioni.
L’idea che il pensiero rimanga chiuso nella testa sarebbe infatti un’illusione che non riflette il modo in cui i problemi vengono risolti nella realtà.
Quando si scrive o si disegna, l’azione stessa ti fa pensare in modo diverso. Nell’ambito della psicologia cognitiva ci si è abituati a vedere la mente come un computer, ma in realtà non è così. Se si dà a una persona qualcosa con cui interagire mentre questa sta ragionando, il ragionamento sarà diverso.
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Gli animali dispari
Nella ricerca appena pubblicata su Acta Psychologica, gli studiosi della Kingston University hanno invitato 50 persone a risolvere un problema: come disporre 17 animali in quattro recinti in modo tale da avere un numero pari di animali in ciascuno.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi
- il primo gruppo poteva costruire dei modellini fisici
- il secondo gruppo poteva utilizzare un tablet
Riesci a immaginare com’è andata a finire? I partecipanti del primo gruppo, quelli che avevano costruito dei modellini, sono stati molto più propensi a trovare la soluzione – che, se te lo stai chiedendo, richiedeva la progettazione di una configurazione di gabbie sovrapposte – rispetto a quelli che avevano utilizzato il tablet.
Abbiamo dimostrato che per alcuni tipi di problemi – indipendentemente dalle capacità cognitive di un individuo – la possibilità di interagire fisicamente con degli strumenti aumenta la probabilità di risolverli. L’interazione con il mondo può davvero produrre dei miglioramenti nelle prestazioni.
Interagire – anche – per gestire l’ansia da matematica
I ricercatori hanno esplorato le possibili applicazioni di questa scoperta orientandosi in particolare al loro impiego per combattere l’ansia da matematica.
Abbiamo riscontrato che le persone che fanno i conti nella loro mente in uno stato di ansia sono più propense a sbagliare. In un contesto ad alta interattività – se alle persone viene ad esempio consentito di utilizzare dei gettoni – i livelli di ansia si abbassano e con questi gli errori.
Ci sono dunque due settori in cui questo principio potrebbe essere applicato con successo: la scuola, e l’insegnamento della matematica, e il lavoro, soprattutto nel momento della selezione del personale. Comprendere il modo in cui pensiamo e prendiamo decisioni interagendo con il mondo che ci circonda potrebbe infatti aiutare le aziende a escogitare nuove strategie per assumere personale valido e aumentare la produttività.
Nei settori del business e del management si utilizzano ancora i vecchi modelli che paragonano il processo decisionale all’elaborazione delle informazioni, ma questa evidentemente è una metafora da superare: abbiamo bisogno di accettare che il pensiero si svolge anche fuori dalla testa, spesso in modo originale ed efficace.
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