HomeSocietàAttualitàIl trauma della migrazione: dati scientifici ed esperienze sul campo

Il trauma della migrazione: dati scientifici ed esperienze sul campo

murales donna con velo

Più della metà di coloro che sono arrivati in Germania negli ultimi anni mostra segni di disturbi mentali, e un quarto di loro soffre di Disturbo Post Traumatico da Stress, ansia o depressione, che non potranno migliorare senza un aiuto. I politici non hanno preso in considerazione la salute mentale quando hanno fatto appelli per una rapida integrazione dei rifugiati. E’ illusorio pensare che le persone possano imparare una nuova lingua e trovare un lavoro quando la loro mente non funziona correttamente. Se vogliamo un’integrazione rapida, abbiamo bisogno di un piano immediato per la salute mentale – Thomas Elbert, psicologo dell’Università di Costanza (Germania)

Di recente mi sono imbattuta in un articolo pubblicato su Nature che riassume le condizioni di salute mentale dei rifugiati e dei migranti che negli ultimi anni sono arrivati in Europa. In Germania e in Svezia, alcuni studiosi stanno analizzando questa delicata questione; tra le tante difficoltà che queste persone si trovano a vivere ci sono infatti anche il disturbo da stress post-traumatico, l’ansia, la depressione e le psicosi. L’enorme impatto di questi disturbi su migranti e rifugiati è rimasto dietro le quinte delle discussioni politiche e sociali. Su Nature viene dunque raccontato tutto quello che in Europa i ricercatori stanno facendo per trovare soluzioni efficaci o anche solo per rompere il tabù. Psicologi e medici stanno infatti iniziando a prendere provvedimenti: stanno lavorando con i rifugiati per sviluppare terapie pratiche, efficaci e a basso costo. Missione non facile.

E’ un enorme problema di salute pubblica, ed è uno scandalo che non venga riconosciuta quanto lo sarebbe un’epidemia di una malattia fisica – James Kirkbride, epidemiologo dello University College di Londra

I ricercatori hanno già molti elementi per comprendere la salute mentale delle popolazioni migranti e rifugiate in tutto il mondo, grazie agli studi che sono stati condotti negli anni passati. Alcuni dati:

  • una meta-analisi del 2005 ha mostrato che i migranti di prima e seconda generazione sono molto più a rischio di schizofrenia rispetto ai non migranti, e che quelli provenienti dai paesi in via di sviluppo sono più a rischio di quelli provenienti da paesi sviluppati
  • i più vulnerabili sarebbero coloro che sono più diversi rispetto al contesto in cui si trovano (ad es. i migranti di colore in una popolazione a maggioranza bianca avevano un rischio di disturbi psicotici quasi cinque volte maggiore); il rischio è più alto per i migranti che vivono in quartieri con una bassa percentuale di residenti del proprio gruppo etnico
  • fattori di stress – come l’esclusione sociale – aumenterebbero il rischio di psicosi, modificando la sensibilità del cervello al neurotrasmettitore dopammina (studi del prof. Jean-Paul Selten, psichiatra presso l’Università di Maastricht, Paesi Bassi)
  • secondo i lavori del prof. Andreas Meyer-Lindenberg, psichiatra del Central Institute for Mental Health di Mannheim (Germania), il cervello di queste persone è eccessivamente sensibile allo stress sociale: è come se ci fosse un feedback di disapprovazione

Incuriosita da questi dati, ho chiesto alla collega Valentina Salvini – psicologa del Centro di Prima Accoglienza Adulti di Fondachelli Fantina (ME) – di raccontarmi la sua esperienza.

Com’è lavorare con i migranti?

Lavorare con migranti e rifugiati mette a dura prova le proprie credenze pregresse: devi avere una mente aperta e flessibile per comprendere che tale tipologia di utenza è differente da quella prevista convenzionalmente per lo psicologo. La loro struttura psichica è ad un livello di sviluppo in cui è facile scambiare un fisiologico momento di deintegrazione con un disturbo psicotico. La cosa più difficile da apprendere è che lo stadio primitivo della loro mente e delle loro manifestazioni cliniche non corrisponde ai disturbi psichiatrici di riferimento oggi.

Quali sono i bisogni psicologici primari delle persone che segui?

Sono per lo più legati ad un’idealizzazione di base circa quello che avrebbero trovato nel nostro Paese. Idealizzazioni ben presto deluse e perfettamente in grado di slatentizzare vulnerabilità latenti, quali depressione, rabbia incontrollata, disturbi della condotta.

Qual è il tipo di sostegno che in genere viene richiesto?

Per lo più colloqui individuali e supporto psicofarmacologico.

Quali sono le difficoltà principali legate alle differenze culturali esistenti tra le loro tradizioni e quelle del paese che li ospita?

Molte donne nigeriane o del sud Africa sono destinate alla tratta a fini di prostituzione, minacciate da riti vodoo in cui credono fermamente. La difficoltà maggiore che io personalmente incontro consiste nel capire quanto vi è di credenza e quanto di volontà inconscia in certi comportamenti.

Puoi raccontare un episodio particolarmente significativo della situazione che vivono?

Ogni giorno si presentano situazioni limite. Forse è più significativo raccontare di chi, inaspettatamente, non vuole lasciare il Centro, sia perché in caparbia attesa di trovare riscontro a quell’idealizzazione di base cui è difficile rinunciare, sia per il timore di affrontare la nuova vita. E ciò, alla luce delle innumerevoli deprivazioni e strenue torture che hanno subito per venire in Italia, è davvero incredibile a prima vista.


Sources: Eurostat/BptK

Sources: Eurostat/BptK

Esperienze e incidenti traumatici in adulti (bianco) e bambini (grigio)

  • Essere testimoni di violenze
  • Vedere cadaveri
  • Essere vittime di violenza
  • Torture
  • Disastri naturali
  • Incidenti
  • Guerra
  • Prigionia
  • Stupro o abuso sessuale

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Scritto da

Donatella Ruggeri è l'ideatrice e fondatrice di Hafricah.Net. Da sempre affascinata dal funzionamento del sistema nervoso, dopo aver studiato neuropsicologia e maturato esperienza sul campo, è rientrata nella sua città natale - Messina - dove svolge la libera professione. Tra i suoi interessi vi sono la scrittura creativa, i viaggi e le escursioni naturalistiche.