La depressione e più in generale i disturbi dell’umore sono piuttosto frequenti nella popolazione anziana. Parliamo di una problematica di seria entità dalla prognosi spesso infausta sulla quale abbiamo il dovere di intervenire. Ad oggi vengono utilizzate diverse modalità per ridurre la sintomatologia, come ad esempio la terapia farmacologica o quella psicologica cognitivo-comportamentale o psicodinamica. Un’altra “tecnica” sta attirando l’attenzione: si tratta della terapia della reminiscenza e nasce dalla naturale inclinazione dell’anziano a ricordare la sua vita e a volerla raccontare a nipoti, amici e familiari.
Indice
Terapia della reminiscenza
Il primo a notare la tendenza dell’anziano a raccontare il passato e ad intravedere la possibilità di usarla per trarne un beneficio è stato Butler che, nel 1963, considerava già l’attività della reminiscenza come una naturale espressione di un processo universale che riflette l’esigenza di fare un resoconto della propria vita. Alcuni autori si riferiscono a questo processo col termine Life-Review ed utilizzano un intervento che ha il fine di migliorare la qualità di vita del soggetto e le sue capacità di adattamento al presente.
Secondo Butler, questo racconto è un processo mentale cosciente di notevole importanza che consente all’anziano di collocare gli eventi della propria vita secondo la giusta prospettiva. La Terapia della Reminiscenza ha dunque al centro i ricordi, punto di partenza per stimolare la memoria residua e riportare alla mente esperienze positive.
Chi può fare la terapia della reminiscenza
La reminiscenza può essere formale o informale. Può cioè svolgersi come attività strutturata, magari di gruppo e con un esperto che conduca, o può avere luogo in modo spontaneo nella quotidianità. È bene iniziare incoraggiando gli anziani a parlare del passato, a raccontare un ricordo.
Effetti della reminiscenza e prove di efficacia
La terapia della reminiscenza ha effetti positivi sull’autostima e sull’umore. Molti studi hanno dimostrato che la reminiscenza incrementa il benessere generale e soddisfazione nei confronti della vita. I benefici riguarderebbero anche le strategie di coping, ovvero la capacità di fare fronte ai problemi e risolverli. Altri benefici possono poi riguardare le funzioni cognitive come la memoria, che continua ad essere stimolata, e il linguaggio.
Per quanto riguarda la depressione, sono tante le prove di efficacia. In uno studio del 2005 Strinson e Kirk, ad esempio, hanno indagato gli effetti della reminiscenza in un gruppo di anziani con depressione. I soggetti in questione avevano dai 72 ai 96 anni. I dati hanno evidenziato una correlazione positiva tra la partecipazione al gruppo di reminiscenza e il miglioramento della depressione. Nel 2008, poi, altri studiosi hanno ampliato la ricerca, dimostrando l’efficacia dell’utilizzo della reminiscenza come metodo di intervento precoce finalizzato a risolvere i primi segni di depressione.
Reminiscenza e neuroimaging
Nei pazienti con demenza vascolare è stato osservato un significativo aumento nel metabolismo a livello corticale nel cingolo anteriore bilaterale e nel lobo temporale inferiore sinistro, aree importanti rispettivamente per l’interazione sociale e la memoria remota.
Studi di PET, poi, condotti su pazienti con Alzheimer, hanno rivelato un aumento del flusso ematico cerebrale nel lobo frontale, un’area che normalmente in questi pazienti va incontro a degenerazione. Questo dato emerso dal neuroimaging è stato osservato in concomitanza con un miglioramento generale del comportamento.
Quello che possiamo concludere è che ricordare e raccontare il passato può essere una vera e propria terapia per il disturbo dell’umore dell’anziano.
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