Articolo a cura di Doriana Chirico
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Come la rete dei grandi aiuta i più piccoli
Dal 25 al 29 maggio l’affascinante panorama romano ha ospitato il Festival della Psicologia 2017: una serie di eventi concepiti per essere un viaggio nelle emozioni, alla ricerca della curiosità e degli altri ingredienti che permettono il cambiamento del singolo e auspicabilmente della società. Il viaggio come metafora del cambiamento ha inizio dai più piccoli. Il Teatro Marconi è stato, infatti, popolato da alcune classi di ragazzi delle scuole medie e superiori di Roma. L’obiettivo era quello di approfondire un argomento attualissimo che li riguarda proprio da vicino: bullismo e cyberbullismo.
Che tipo di minacce costituiscono questi fenomeni in una società in cui la dimensione digitale della vita privata ha un ruolo predominante?
Era questa la domanda a cui si è provato a rispondere durante l’evento “Emozioni in Rete”. Una rete dal significato duplice: rete professionale, costituita da psicologi, psicoterapeuti, ma anche avvocati e giudici. La rete dei “grandi” che può aiutare i più “piccoli” ad affrontare e vivere la rete virtuale, in modo positivo.
Per riflettere su come sia possibile mettere in atto un cambiamento, il pubblico è stato catapultato all’interno della classe 2C per vivere la storia di Paolo e Francesca, colpevoli di essere i ragazzi più impopolari della scuola e per questo bullizzati e cyber-bullizzati dai propri compagni e dal resto della scuola. Anastasia Astolfi e Fabio Gomiero, attori della compagnia “TeatroInMovimento”, hanno voluto raccontare con “Condividi?” ciò che è veramente successo a due ragazzi di Roma. Ma prima hanno avuto una richiesta per il pubblico: niente cellulari. Se si fosse vista una luce sospetta, si sarebbe fermato lo spettacolo.
In questo modo, tutti i presenti si sono connessi con quanto provato dai due protagonisti. Hanno potuto sentire sulla propria pelle le umiliazioni di Paolo e le vessazioni di Francesca. Siamo stati travolti dal velocissimo vortice virtuale, fatto di notifiche di likes, commenti violenti, condivisioni e tags. É stata un’escalation! E quando si chiesto se fosse il caso di continuare questo atto violento nei confronti di Paolo, qualcuno del pubblico ha risposto: Sì!
Nel mondo virtuale tutto avviene così velocemente. E risulta estremamente difficile comprendere che il nostro comportamento ha delle conseguenze nei confronti dell’altro
Nascosti dallo schermo, possiamo non considerare che i nostri commenti, i nostri apparentemente innocenti Mi piace, possono voler dire “fare un brutto regalo”: causare dolore. Possiamo dimenticare che dietro questi gesti c’è sempre una persona. Proprio da questo deve partire la riflessione, pertanto poi spiegata dallo stesso Paolo in un momento successivo dello spettacolo: il bullismo nasce dall’esigenza di “sentirsi parte di qualcosa” e di smettere di sentirsi isolati.
Conduttrice dell’evento, la Prof.ssa Anna Maria Giannini si è occupata di presentarci il network di ospiti presenti all’evento per ascoltare e rispondere alle domande dei ragazzi. Alla tavola rotonda hanno preso parte Vera Cuzzocrea, psicologa-psicoterapeuta e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni di Roma; Samantha Luponio, avvocato civilista e formatrice del Progetto Educal – Educazione alla Cittadinanza Attiva e alla Legalità (in cui alcuni ragazzi delle scuole romane sono stati coinvolti nella simulazione di processi); Costantino De Robbio, giudice penalista e presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Lazio; Maria Soave, giornalista e conduttrice del Tg1; Olivia Pagano, psicologa e psicoterapeuta, membro del team Educal.
Il cyberbullismo è “un atto aggressivo e intenzionale, condotto da un individuo o gruppo di individui, usando varie forme di contatto elettronico, ripetuto nel corso del tempo contro una vittima che ha difficoltà a difendersi” (Smith et al., 2008). Il termine, coniato dall’insegnante canadese Bil Belsey, purtroppo è entrato a far parte della nostra quotidianità. Infatti, dal 2014 ad oggi nei telegiornali è stato utilizzato già diverse volte. Non si tratta, tuttavia, di un fenomeno recente. Finora il bullismo era un comportamento che avveniva principalmente face-to-face. La rete, internet e l’esplosione del mondo virtuale hanno semplicemente reso più facile l’attuazione del comportamento stesso.
Il profilo del cyber-bullo è quello di un ragazzo o una ragazza intelligente, particolarmente abile con la tecnologia
Non è necessariamente dotato di particolari attributi fisici in quanto vi è lo schermo a separarlo dalle vittime. Queste caratteristiche l’hanno reso abile ad utilizzare la rete in maniera negativa, forte del fatto di saper mantenere (illusoriamente!) l’anonimato e dunque di non poter essere raggiungibile in quanto autore di reato. Poiché l’atto viene consumato online, attraverso i Social Media e i canali di messaggistica istantanea (Whatsapp, Telegram), non vi è di fatto un limite spazio-temporale, come potrebbe essere la classe nel caso del bullismo tradizionale.
La vittima è vulnerabile in ogni momento e in ogni luogo: basta essere connesso con uno smartphone.
Una delle soluzioni più immediate adottate dagli adolescenti è quella di fare il log-out: chiudere il proprio account personale. Purtroppo, però, questo non basta a far cessare gli atti di cyberbullismo. A volte i bulli possono continuare imperterriti nonostante la vittima sia ormai offline.
Qual è l’ingrediente chiave che fa continuare il cyberbullo con i suoi atti indiretti contro la vittima?
É il gruppo, non più semplicemente la classe o la scuola, ma tutti i testimoni silenziosi che apprezzano, commentano, aggiungono qualcosa in più al singolo atto, probabilmente solo per un attimo di notorietà, per finire tra i commenti memorabili con qualche centinaia di likes. «Il bullo, se non ha testimoni silenziosi, si sgonfia» ha spiegato la Dott.ssa Olivia Pagano, per poi chiedere alle classi presenti di aiutare noi, rete dei grandi, a capire in che modo dobbiamo aiutare il gruppo a dire di no. E nel nostro piccolo una risposta l’abbiamo ricevuta. Lio, un ragazzino di 12 anni ha esordito dicendo:
«Secondo me, amalgamando di più il gruppo si potrebbe aiutare a dire di no. Nella nostra scuola una professoressa ci sta aiutando in questo modo!»
Dunque, esiste un barlume di speranza. Eventi formativi come Emozioni in Rete sono occasioni per discutere e dare spazio ai giovani. Così possiamo risolvere i loro dubbi e per cercare insieme a loro una soluzione a questo problema.
Per concludere, si è parlato anche del fenomeno The Blue Whale
Lo pseudo gioco dell’orrore che con una regola al giorno per cinquanta giorni costituisce un macabro rituale. Avrebbe ucciso 157 adolescenti in Russia e starebbe iniziando a generare vittime anche in Italia.
Il consiglio degli esperti è stato molto chiaro. «Attenzione a non banalizzare i comportamenti a rischio. Chi lo avrebbe inventato, i cosiddetti curatori, ha fatto in modo di mettere in atto particolari strategie. Anche se si è forti, se si sta bene, si potrebbe essere attratti in modo molto suggestivo verso queste pratiche. […] Sono cinquanta passi, cinquanta giorni, per cui gradualmente si verrebbe indotti ad essere più deboli, fragili, per età o per difficoltà. E si può arrivare a fare qualcosa che magari, ad oggi, non si penserebbe mai. Non sottovalutiamolo e chiediamo aiuto ad adulti e alle forze dell’ordine!» ha concluso la Dott.ssa Cuzzocrea, rimandando al decalogo della Polizia (disponibile sul profilo Una vita da social).
Siamo quindi in primis noi rete dei grandi (psicologi e insegnanti), a tenere gli occhi aperti nei confronti di quanto accade ai più piccoli
Ma sono anche i ragazzi in prima persona ad avere un dovere etico nei confronti dei propri coetanei. Secondo la nuovissima legge contro il cyberbullismo i ragazzi possono denunciare anche da soli. Verranno istituiti dei referenti per ogni scuola, ma è importante segnalare ogni dubbio alle forze dell’ordine.
Riprendendo la favola inventata da Paolo: in un mondo pieno di giraffe, con il cervello così lontano dal cuore, è difficile riconoscere di essere un topo.
Per chi se lo fosse perso, è possibile riguardare parte dell’evento sul profilo Ordine degli Psicologi Lazio.
Sull’autrice
Doriana Chirico, Dott.ssa in Neuroscienze Cognitive e Riabilitazione Psicologica e curiosa di natura. Nel corso degli studi ha coltivato vari interessi: la scrittura, la ricerca neuroscientifica, la psicologia giuridico-forense, le addictions, ma è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da apprendere. Attualmente riunisce queste varie passioni all’interno del blog AddicTo – Psicologia e Dipendenze, nato come spazio di approfondimento e riflessione per formare, informare e soprattutto rendere in-dipendenti!
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