HomePersonaCervelloBroca e Wernicke sono morti: riscriviamo il nuovo modello neurobiologico del linguaggio

Broca e Wernicke sono morti: riscriviamo il nuovo modello neurobiologico del linguaggio

E’ proprio questo il titolo di una review che appare nel volume 162 della rivista Brain and Language. Gli autori, Pascale Tremblaya e Anthony Steven Dick, hanno intervistato 159 esperti del settore della neurobiologia del linguaggio. Hanno chiesto loro un’opinione sulla validità del classico modello del linguaggio e di questi solo il 2% si è detto convinto, appunto, della sua validità. Il modello classico del linguaggio, dunque, secondo gli esperti, è obsoleto.

Cosa dice il modello Classico?

Il modello classico del linguaggio (conosciuto anche come modello di Werincke-Geschwind) risale agli studi pionieristici di Paul Broca (1861) e Carl Werincke (1874), che hanno dimostrato che la produzione e la comprensione del linguaggio sono localizzate in due distinte aree del cervello. Successivamente, Norman Geschwind (1965), un altro pioniere della neuropsicologia, integrò nel modello del linguaggio altre vie: il fascicolo arcuato (individuato in precedenza da Lichtheim nel 1885), fascio di fibre che connette e trasmette le informazioni tra queste due regioni del linguaggio e altre strutture cerebrali ritenute importanti (giro angolare e aree occipitali).

Questo ha rappresentato una vera e propria rivoluzione per la comprensione del linguaggio, rivoluzione tanto influente da arrivare ai giorni nostri.

Secondo una nuova rassegna, però, il modello classico sarebbe obsoleto e non più idoneo allo scopo che si prefigge, ossia quello di descrivere e illustrare la complessità del linguaggio. Tremblaya e Dick sostengono, ad esempio, che l’uso continuato di questa terminologia potrebbe ostacolare i progressi nel settore, sia nella ricerca che nella pratica clinica. Gli autori, durante le interviste, hanno riscontrato un enorme disaccordo tra gli esperti del settore per quanto concerne la posizione anatomica delle aree di Wernicke e di Broca, ma anche la loro funzione, cosa che, capite bene, incrementa la confusione concettuale!

Gli autori rimarcano la necessità di formulare un nuovo modello neurobiologico del linguaggio che tenga conto di tutte le connessioni coinvolte nelle funzioni linguistiche (ad es. del fascicolo uncinato, del fascicolo inferiore fronto-occipitale, del fascicolo longitudinale centrale e del fascicolo longitudinale inferiore) ma anche di tutte quelle aree cerebrali che vanno oltre alle “classiche” aree di  Brocà e di Wernicke, che coinvolgono il lobo frontale, il lobo parietale, quello temporale, la parte mediale degli emisferi, così come i gangli basali, il talamo e il cervelletto.

Gli autori suggeriscono un “taglio netto” del modello classico a favore di un approccio che abbracci l’idea della funzione linguistica come distribuita e non definita e specifica.

Che aggiungere? La debolezza del modello classico richiama non solo la necessità di formulare un nuovo modello del linguaggio, ma anche quella di aggiornare i testi su cui studiano i neuropsicologi oggi, considerando tutte le scoperte fatte negli ultimi anni. Tuttavia, le aree “classiche” di Broca e Wernicke, seppur non siano più ritenute i “centri” esclusivi del linguaggio, restano tutt’ora molto importanti dal momento che hanno sostenuto molte conoscenze attuali sulla componente linguistica e che svolgono un’importante funzione specializzata a livello di integrazione corticale.

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