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Alzheimer: cosa fare dopo la diagnosi

donna e anziano signore

Nonostante ci troviamo in un Paese dai sistemi sociali e sanitari avanzati, ad oggi la famiglia costituisce ancora il principale sostegno per le persone con demenza.

Per una famiglia decidere di prendersi cura del malato è un atto tanto spontaneo (dettato, ad esempio, dall’amore per i genitori) quanto coraggioso. É tuttavia innegabile che questa decisione comporti uno stravolgimento delle abitudini di tutta la famiglia. Spesso, dunque, al volere si associano i problemi dovuti anche all’essere, per questo ruolo assistenziale, impreparati.

Nuovi ruoli

Con l’evolversi della malattia, ad esempio, i familiari devono aiutare il malato – o sostituirsi a lui – nello svolgimento delle funzioni base quotidiane come vestirsi, fare il bagno, usare la toilette, e questo può causare ansia e imbarazzo.

Se il familiare é ancora nel pieno della sua attività lavorativa, come succede di solito, possono sorgere difficoltà nel conciliare i propri impegni con l’assistenza continua. A questo si aggiunge la compromissione della vita sociale e del tempo libero.

Certo, molte di queste limitazioni sono accettate volontariamente, ma di fatto possono causare problemi di salute fisica e mentale dovuti allo stress.

Noi, però, sappiamo grazie alla ricerca e all’esperienza che questo stress si può ridurre.

Cosa possiamo fare, praticamente?

  1. informare ed informarsi. Il familiare ha il diritto – ed il bisogno – di conoscere la malattia, essere consapevole di come questa evolva tipicamente e di come possono essere affrontati i problemi che di volta in volta si presentano
  2. chiedere aiuto a un neuropsicologo. Dopo un esame completo, una diagnosi e l’analisi dei bisogni, potrà indirizzare la famiglia verso l’utilizzo di strumenti e tecniche di gestione dell’anziano e verso la programmazione dell’assistenza
  3. prendere contatti con gruppi di sostegno ed entrare a farne parte. Spesso un ottimo lavoro in tal ambito viene svolto dalle associazioni Alzheimer (da’ un’occhiata qui). In questi gruppi i familiari possono parlare delle loro esperienze, confrontarsi, darsi reciprocamente idee pratiche per meglio impostare l’assistenza. É vero, molti a questo punto potrebbero essere restii. I dati però dimostrano che i partecipanti traggono beneficio dall’aiuto e sperimentano una riduzione del senso di solitudine e di depressione
  4. decidere, con l’aiuto di un professionista, del ricovero – anche temporaneo – quando questo diventa indispensabile
  5. affidarsi a una persona di riferimento – come un infermiere professionale – che dia sostegno pratico nella gestione quotidiana. Questo consentirà alle famiglie di fare fronte al compito dell’assistenza
  6. considerare un aiuto domestico per svolgere i lavori di routine
  7. accedere ai ricoveri di sollievo, cioè a un periodo di interruzione dell’assistenza. Può essere anche un ricovero informale. Ad esempio, ci si può organizzare per lasciare il proprio caro in compagnia di altri parenti, in centri diurni. I familiari, così, possono avere un momento di pausa. Non esitate, dunque, nessun senso di colpa, nessuna vergogna: potreste riscontare numerosi effetti positivi, ne avete bisogno

I familiari che assistono i malati sono i veri esperti dei loro bisogni. Per questo i servizi intorno a loro devono essere pensati per essere flessibili. Devono tenere conto delle situazioni e delle necessità individuali che cambiano con il progredire della malattia.

Scritto da

Donatella Ruggeri è l'ideatrice e fondatrice di Hafricah.Net. Da sempre affascinata dal funzionamento del sistema nervoso, dopo aver studiato neuropsicologia e maturato esperienza sul campo, è rientrata nella sua città natale - Messina - dove svolge la libera professione. Tra i suoi interessi vi sono la scrittura creativa, i viaggi e le escursioni naturalistiche.