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Stimolazione Elettrica Transcranica: cosa, come e a chi. Intervista a Carlo Miniussi

copertina - carlo miniussi

Un’intervista a Carlo Miniussi, uno dei massimi esperti italiani, per approfondire il tema della Stimolazione Elettrica Transcranica. Ovvero la stimolazione del cervello con le moderne strumentazioni.

Professor Miniussi, per iniziare, qual è la differenza tra neurostimolazione e neuromodulazione?

Con neurostimolazione ci riferiamo soprattutto a tecniche come la Stimolazione Magnetica Transcranica – TMS – che prevede l’induzione di una depolarizzazione delle membrane dei neuroni e l’avvio di potenziali d’azione nell’area stimolata per mezzo di un’induzione elettromagnetica. La neuromodulazione, invece, non induce potenziali d’azione ma modula le soglie di risposta neuronale, modificando la permeabilità di membrana. La neuromodulazione, che si ottiene con metodiche come la stimolazione a corrente continua – tDCS -, può in sostanza modificare l’eccitabilità dei neuroni e modulare la risposta di questi neuroni ai segnali in arrivo.

Un dispositivo tDCS utilizza un anodo e un catodo collegati uno stimolatore di corrente alimentato a batterie. La corrente passa attraverso lo scalpo e permette di aumentare o diminuire la funzionalità dell’area target. L’immagine mostra un soggetto che indossa una cuffietta con degli elettrodi.

Che cosa sono la Stimolazione Elettrica transcranica – tES – e la Stimolazione Transcranica a Corrente Diretta – tDCS?

La tDCS è la metodica più utilizzata tra le tecniche di tES. Con la tDCS, un elettrodo d’interesse (catodo o anodo) è collocato sull’area che si intende studiare, mentre un altro è posizionato in una zona considerata neutra. L’utilizzo della tDCS comporta l’applicazione di correnti elettriche deboli (circa 1-2 mA – milliampere) direttamente al cuoio capelluto, attraverso una coppia di elettrodi, per 10 – 15 minuti. Queste correnti generano un campo elettrico che modula l’attività neuronale. In particolare, diversi studi hanno dimostrato che l’applicazione della tDCS anodica aumenta l’attività dei neuroni nell’area stimolata, mentre la tDCS catodica ha l’effetto opposto.

Ci sono indicazioni per somministrare la Stimolazione Elettrica Transcranica?

Si, esiste tutta una letteratura che dà indicazioni precise sia su aspetti di sicurezza sia sui parametri tecnici da utilizzare. In genere, sono maggiormente impiegate le stimolazioni a 1 e 2 mA. L’effetto indotto dipende però dalla relazione tra l’intensità e la durata di utilizzo. Infatti una stimolazione a 1 mA per 15 minuti ha un effetto diverso da una stimolazione a 2 mA per 15 minuti. Dall’altra parte, stimolazioni a bassissima intensità e breve durata hanno dimostrato di non produrre effetti significativi. Il suggerimento è quindi di trovare un protocollo presente in letteratura, già testato e che funzioni e attenersi ad esso.

Quali sono gli effetti della stimolazione che ci possiamo aspettare sul piano cognitivo e su quello motorio?

Anche se il versante cognitivo e motorio vengono studiati come ambiti diversi, in realtà si tratta di funzioni complesse costruite col contributo di certe reti di neuroni e non di singole aree. La neuromodulazione può essere utile per modificare, potenziare o depotenziare alcuni di questi circuiti motori o cognitivi. Cioè modularli e aumentare o ridurre la loro efficacia (nel caso in cui ad es. si voglia ridurre un’iperattività).

Negli ultimi anni si parla molto del potenziamento che può essere fatto con queste tecniche. Ci sono controindicazioni?

Possiamo affermare che quando il potenziamento indotto è elevato, potrebbe essere a discapito di altre funzioni e perciò avere un effetto finale negativo. Una dose eccessiva di stimolazione può causare un effetto opposto a quello desiderato e indurre una plasticità eccessiva. Quello che facciamo dunque è cercare di ottenere un effetto che arrivi alla misura giusta di eccitazione che consenta un equilibrio funzionale.

Quali sono gli effetti della Stimolazione Elettrica Transcranica nel lungo termine?

Non siamo ancora riusciti a vedere quanto duri l’effetto della tDCS. Probabilmente dipende dalla stabilità del meccanismo attivato. Cioè se si usa un protocollo comportamentale di apprendimento che riesce a costruire dei legami sinaptici forti, legami che vengono potenziati con la neurostimolazione, allora l’effetto si potrebbe protrarre nel tempo. Tuttavia dobbiamo ancora misurare se effettivamente sia così. Ci sono dati in letteratura che dimostrano una maggior efficacia della neurostimolazione VS la non stimolazione. Le differenze però non sono così nette. Non è dunque ancora chiaro quali siano i vantaggi a lungo termine. Un’idea sulla quale si sta lavorando è quella di fare delle sedute di follow-up per il mantenimento del potenziamento, per evitare che l’effetto si riduca nel tempo.

Come è meglio posizionare gli elettrodi?

Purtroppo la letteratura scientifica non presenta dati sufficienti per poter dire in modounivoco quale sia il montaggio migliore. Nel nostro gruppo preferiamo utilizzare il montaggio cosiddetto extracefalico. Così facendo siamo sicuri di non stimolare l’area che si trova sotto l’elettrodo di riferimento. Tuttavia anche il montaggio cefalico – che vede l’elettrodo di riferimento posizionato sullo scalpo – è adeguato. L’importante è che l’elettrodo di riferimento venga messo su un’area che si ritiene non attiva. Quando decidiamo come posizionare gli elettrodi, gli aspetti da considerare sono la direzione del flusso di corrente e la distanza tra gli elettrodi. Questi elementi determinano l’effetto finale.

area motoria primaria

L’area motoria primaria nel cervello.

Ad esempio, se si mette l’elettrodo attivo sulla corteccia motoria di sinistra e quello di riferimento sul polo frontale ipsilaterale (dallo stesso lato) si avranno delle correnti che vanno tra questi due elettrodi. Se invece si posiziona l’elettrodo di riferimento dal lato opposto, sul polo frontale di destra, si avrà sì un flusso di corrente tra i due elettrodi, ma con un percorso completamente diverso. L’attività neuronale che si modulerà sarà diversa.
Spostando gli elettrodi infatti si spostano anche le aree stimolate.

Ci può fare un esempio di protocollo riabilitativo tramite tDCS?

È difficile definire un protocollo standard. Tuttavia, nella maggior parte degli studi, la stimolazione è applicata sull’area di interesse ad un’intensità di 1-2 mA. La durata della seduta giornaliera di stimolazione varia da dieci a venti minuti. Generalmente viene ripetuta cinque volte alla settimana, per un massimo di venti sessioni complessive.

Attualmente nel panorama italiano la tDCS viene utilizzata in alcuni centri di ricerca e ospedali. Quali sono gli ambiti clinici più promettenti?

Come discusso, modificando l’eccitabilità neuronale intrinseca, la tDCS può indurre variazioni del potenziale di membrana a riposo e conseguentemente variazioni di efficacia sinaptica e favorire l’induzione di fenomeni di neuroplasticità. Considerato questo potenziale si è puntato ad usare la tDCS per indurre dei miglioramenti nello stato clinico di pazienti depressi, o nella performance di pazienti con deficit motori o cognitivi. L’evidenza attuale non consente di dare raccomandazione di efficacia definitiva in nessuna patologia. Tuttavia ci sono indicazioni di probabile efficacia per la fibromialgia o per la depressione maggiore senza resistenza ai farmaci. Inoltre, sono in corso tantissimi studi che stanno valutando l’utilizzo della tDCS in trattamenti combinati in ambito motorio o cognitivo. In questi trattamenti la tDCS viene combinata con un trattamento “standard” per potenziarne l’efficacia.


Identikit dell’intervistato

Professore ordinario dell’Università degli Studi di Trento, Direttore del Centro Interdipartimentale Mente/Cervello – CIMeC. Responsabile della Sezione di Neuroscienze Cognitive – IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia. Tra le oltre duecento pubblicazioni c’è anche la recentissima A foreword on the use of non-invasive brain stimulation in Psychology  (Un’introduzione all’impiego della stimolazione cerebrale non invasiva in Psicologia).

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